Montecerignone

Montecerignone

Situato al centro della regione storica del Montefeltro, tra i monti Faggiola, Carpegna, Montecopiolo e San Paolo.
Il nome di Montecerignone deriva dalla pianta del Cerro.
Il paese allungato su un solido costone tufaceo è bagnato dal fiume Conca.
Questo piccolo centro conserva intatto la struttura urbanistica quattrocentesca e, fin dai tempi antichi venne diviso in castello e borgo.

INDICE:

 

LA ROCCA

 

Questa Rocca di Montecerignone definita come palazzo-fortezza, è il simbolo caratteristico del paese. Fu edificata nel XIII secolo dai Conti del Montefeltro sin dai primissimi tempi della loro dominazione sulla provincia feretrana. La massiccia fortezza dallo stile gotico possedeva anticamente due grosse torri, una poligonale a sud-ovest (verso il monte Faggiola), l’altra rettangolare a nord-est (verso il paese), congiunte da uno stretto ballatoio. La Rocca venne denominata Malatestiana in seguito al restauro voluto da Sigismondo P. Malatesta sui disegni di Leon Battista Alberti.

Nel 1478, per ordine di Federico I Duca di Urbino, vi lavorò anche il celebre architetto Francesco di Giorgio Martini da Siena che fece demolire la torre poligona e raddoppiò quella rettangolare.

Martini trasformò inoltre l’interno di questo palazzo fortilizio: il pian terreno era riservato a coloro che lavoravano la polvere da sparo; al primo piano vi era la sede del tribunale e negli ambienti del piano centrale soggiornava il Duca.

Dall’imponente terrazzo merlato che coronava l’intero edificio, restano ventiquattro mensoline di pietra su cui dovevano svolgersi gli archetti; al di sotto, nell’ultimo piano, si aprono quattro finestroni rettangolari gotici, nel piano di mezzo si notano ancora quattro finestre simmetriche mentre restano tre piccole finestrelle sulla scarpata.

E’ ancora ben conservato l’arco di accesso e sul vertice è scolpita l’aquila feltresca, altro elemento superstite del Duca Federico.

Attualmente gli spazi interni vengono utilizzati per scopi culturali e ritrovi sociali.

 

LA CHIESA DI SAN BIAGIO

La chiesa parrocchiale dedicata a San Biagio è piuttosto modesta di proporzioni della sua unica navata ma ben tenuta e conservata. Il suo stile ottocentesco sfoggia l’imponenza delle sue quattro colonne.

Anticamente presentava la facciata sull’attuale via Uguccione, ma nel 1840 venne restaurata ed ampliata nelle forme in cui ancora oggi si presenta.

Nel 1821 la chiesa accolse la prima adunanza per la Costituzione della Congregazione dei Cento Parroci.

Sovrasta la chiesa parrocchiale il campanile, trasformato di recente in uno stile medioevale con merlatura ghibellina.

Dall’alto suonano le quattro antiche campane.

 

LA CHIESA DI SANTA CATERINA

Costruita nel primo Settecento si presentava in uno stile tipicamente barocco ed un tempo vi pregavano le Monache Agostiniane.

Fu restaurata nel 1850 e riaperta al culto.

Presenta un elegante portale in pietra arenaria e all’interno si trova la Cappella del Sovrano Militare Ordine Gerosolimitano di Malta.

 

LA CHIESA DI SANTA MARIA IN RECLAUSO

 

Questo monumento che gode dell’intero paronama del paese, è dedicato al Beato Domenico Spadafora. Egli, nobile padre siciliano di Randazzo (nei pressi di Taormina) arrivò a Montecerignone il 15 settembre 1491 e diede subito inizio alla costruzione della chiesa del Convento (ora abbandonato e inaccessibile) situata alla periferia del paese.

Tale edificio venne inseguito consacrato nel 1498 dal Vescovo Marco Vigerio di Savona. Ventiquattro anni dopo, in seguito all’ampliamento della chiesa di Santa Maria in Reclauso (1893) i religiosi pensarono di trasferire i venerati resti. È infatti straordinario potere ancora oggi osservare l’artistica urna contenente il corpo intatto del Beato Domenico Spadafora, esposto alla venerazione continua dei fedeli e devoti pellegrini dai più lontani paesi del Montefeltro.

All’interno della Cappella del Rosario è possibile ammirare un arco a tre facce intagliate in pietra di San Marino.

Davanti al santuario sorge un monumento che rappresenta la figura del Beato Domenico in cui, lo scultore Canzio Bardozzi ha saputo trasfondere un sentimento profondo e una spiccata grazia sia nell’espressione che nel susseguirsi delle allegorie in rilievo simboleggianti i più salienti episodi della sua vita.

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