LE DONNE DEL RIMINESE
tra il ‘600 e ‘700
La donna nobile intorno al ‘600 non aveva libertà di scegliere il proprio destino, ma in base alle esigenze della famiglia poteva contrarre il matrimonio, restare celibe o intraprendere la monacazione.
In caso di matrimonio la sposa doveva avere una dote da donare al futuro marito e si trattava di una “liquidazione” della ragazza dall’eredità familiare proporzionale alla disponibilità finanziaria della famiglia.
Per preservare la dote che le nobili sperperavano acquistando ricche vesti e sfarzosi gioielli, nel 1573 vennero pubblicate delle riforme che ingiungevano alle giovani donne di limitare quelle “ingenti spese”; inoltre non potevano sposare uomini di rango sociale inferiore; un esempio clamoroso per quei tempi fu lo scandalo della fuga d’amore tra la nobile vedova Teodora Stivivi Battaglini con il pittore Guido Cagnacci, le conseguenze furono vita da monastero per lei e scomunica dalla Chiesa per lui.
Per finire, le famiglie nobili con numerose discendenti femmine, pur di preservare il proprio patrimonio economico costringevano le figlie a monacarsi poichè la loro dote era minore.
Solo alla fine del ‘700 ci fu un cambiamento per quello che riguardava i matrimoni tra classi sociali diverse, infatti venne permesso il matrimonio tra uomini nobili e donne ricche, a patto che esse avessero una grande dote.
La realtà contadina era molto differente da quella nobile, infatti la donna era libera di scegliere la propria vita e il proprio marito seguendo caratteristiche tecniche di corteggiamento, per esempio lo spasimante delegava due anziani del villaggio per chiedere la mano della sposa al padre che puntualmente li cacciava di casa la prima volta, per poi accettare la seconda volta dopo aver chiesto il consenso ai parenti, ma soprattutto alla figlia.
Dopodichè i due fidanzati celebravano il matrimonio in maniera semplice e il giorno dopo andavano a prendere la dote a casa della sposa, che solitamente consisteva in pochi beni.
Un’altra categoria di donne erano le “portolotte” ovvero le mogli dei marinai costrette a mandare avanti da sole la casa, crescere i figli e occuparsi della vita sociale a causa della costante assenza dei mariti.
Alcune donne illustri del riminese:
BEATA CHIARA DA RIMINI
Chiara Agolanti nacque a Rimini nel 1280, discendente di una famiglia molto ricca. Suo padre rimasto vedovo quando lei aveva pochi anni si risposò con una donna, che a sua volta aveva un figlio. A breve, il padre per rinforzare il rapporto tra i due casati fece sposare i due bambini tra loro. Divenuto uomo, il marito di Chiara, fu ucciso per motivi politici insieme al padre di lei, ma questo non sconvolse i suoi sentimenti, infatti ella essendo bella ed ammirata, si dedicava alla vita mondana e questo destò molte voci maligne tra i popolani.
Questa vita così frivola continuò anche dopo il secondo matrimonio, avvenuto con uno degli uomini più ricchi di Rimini.
Fino al giorno in cui entrando in una chiesa Francescana udì una voce che la incitava a pregare. Tornata a casa parlò al marito della sua nuova serenità interiore e dell’ intenzione di farsi monaca; il marito accetta e per Chiara inizia una nuova vita, basata sui sacrifici, penitenze e opere di misericordia nei confronti di poveri, ammalati e carcerati che continuarono fino alla sua morte avvenuta nel 1326 a Rimini.
ISOTTA DEGLI ATTI
Questa illustre donna nacque dalla famiglia di un ricco mercante a Rimini alla fine del 1432.
Alla sola età di dodici anni fu oggetto dei corteggiamenti del signore della città Sigismondo Pandolfo Malatesta, che però era già sposato. Isotta degli Atti
Isotta ebbe il suo primo figlio, Giovanni, nel 1447, ma morì ancora in fasce.
Nel 1449 dopo la morte della moglie Sigismondo volle rendere pubblica la relazione con Isotta, che venne subito celebrata da poeti e artisti vari.
Isotta e il suo signore ebbero altri figli oltre al piccolo Giovanni, ma anch’essi morirono in tenera età, tranne una femmina, Antonia.
Purtroppo non sono rimaste molte informazioni della vita di lei durante il declino di Sigismondo, si sa però che alla sua morte, avvenuta nel 1468, essa salì al governo della città insieme al figliastro Sallustio e cercò di trovare un accordo con Roberto (un signore nemico che mirava ad impossessarsi della città).
Questi però ordinò l’uccisione di Sallustio e dopo poco conquistò Rimini.
Intanto però Isotta aveva prudentemente lasciato la corte, essa morirà nel 1474 e verrà sepolta con una sontuosa cerimonia nel Tempio Malatestiano, che si diceva fosse stato costruito in suo omaggio.
GEA DELLA GARISENDA
Alessandra Drudi nasce sullo scorcio del ‘900 nella provincia di Rimini.
Famosa cantante lirica, il cui nome d’arte coniato da D’Annunzio “Gea della Garisenda”, viene ricordata per la celebre canzone “Tripoli bel suol d’amore” da cui vari artisti a noi contemporanei, come Alberto Sordi, sono stati ispirati per la realizzazione di un film. Gea Della Garisenda
Nel 1925 il senatore Teresio Borsalino, suo marito, acquista la tenuta “Villa Amalia” a Villa Verucchio che la cantante portò al suo attuale splendore e che diventò il buon salotto dell’arte e della cultura di quegli anni.
Alla stretta amicizia con il famoso cartellonista Marcello Dudovich si deve la decorazione della Sala delle Bandiere, che la Drudi gli affida durante uno dei suoi tanti soggiorni alla Villa.
E’ proprio grazie a questo personaggio che possiamo capire la figura di questa donna riminese dei primi del ‘900; il cartellonista la descrive come una persona molto disponibile e amichevole nonostante il suo ruolo di rilievo, sia come moglie di un senatore che come una famosa cantante, infatti essa ospitò, come già detto, più volte l’artista e la sua famiglia trattandolo con particolare riguardo.
Essa era ammirata per la sua grande bellezza da numerosi poeti e artisti, tra i quali Carducci, Leoncavallo, Pascoli e Trilussa che le dedicò una poesia soave.
Oggigiorno per commemorare questa illustre donna, è stato istituito il premio Gea della Garisenda che viene assegnato ogni anno alla migliore cantante dell’operetta.
Fonti:
“Storia illustrata di Rimini” di Piero Meldini e Angelo Turchini,
Internet: Catalogo della mostra “Il mare di Dudovich”
a cura di Ferruccio Farina